Nel corso dell’inverno del 2020, nel pieno della pandemia che si è abbattuta sulla vita di tutti e tutte, una rete di più di 100 realtà istituzionali, associative e imprenditoriali del terzo settore, provenienti dal mondo laico e cattolico, si è riunita attorno alla redazione di 7 position paper dedicati alla creazione di un manifesto teorico e pratico contenente le basi per lo sviluppo di nuovo welfare a misura di cittadine e cittadini. Tra queste, il testo dedicato a “Pace e disarmo”: un insieme di riflessioni contemporanee dedicate alla costruzione di una visione capace di mettere a valore un impegno civile e partecipato per la ricostruzione di un paese che troppo spesso investe in forme di militarizzazione e istituzionalizzazione.
A più di un anno di distanza, in seguito alla pubblicazione di questi scritti all’interno del testo corale “Per un nuovo welfare” grazie alla rivista Vita Non Profit, nell’eco incontenibile della deflagrazione della situazione che sta interessando l’Afganistan e il mondo ad esso connesso, le 100 realtà coinvolte nella redazione del testo dedicato al welfare hanno da poco lanciato un nuovo appello rivolto alla comunità internazionale volto alla creazione di corridoi umanitari che consentano di mettere in salvo uomini donne bambine e bambini in fuga dalla restaurazione che sta investendo questo paese.
L’incontro
Lo sviluppo sostenibile non può essere realizzato senza pace e sicurezza, e pace e sicurezza sono a rischio senza uno sviluppo sostenibile. L’Agenda 2030, in particolare l’obiettivo 16, afferma la necessità di promuovere società pacifiche e inclusive orientate allo sviluppo sostenibile, a garantire a tutti l’accesso alla giustizia e a costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli. Per misurare la distanza dall’affermazione di tale obiettivo un valido riferimento è il Global Peace Index o Positive Peace Index 27. Ogni Paese ha bisogno di istituzioni e strutture in grado di creare e sostenere società pacifiche.
Questa pandemia sta dolorosamente rivelando le disparità di salute esistenti nelle nostre società: essa avrà la maggiore incidenza sulla vita delle persone che vivono in condizioni di privazione o che affrontano difficili circostanze socio-economiche. Il concetto di crisi e sicurezza di Stati, regioni e popolazioni si è sempre più intrecciato, durante gli ultimi sei anni, con quello di fragilità: nel 2008 la crisi alimentare, quella energetica e quella economico-finanziaria hanno anticipato in modo tumultuoso trasformazioni politiche rilevanti. Più in generale, l’approccio centrato sul concetto di sicurezza umana ritiene che sviluppo, diritti umani, pace e sicurezza siano “indivisibili e interrelati”. Una carenza riscontrata su una di queste dimensioni ricadrà negativamente anche sulle altre.
Nel quadro della globalizzazione queste crisi hanno una tendenza maggiore a propagarsi: le migrazioni, l’inquinamento, il terrorismo, i cambiamenti climatici, le epidemie, i collegamenti economici e finanziari, la criminalità organizzata, i traffici di persone e di armi hanno una dimensione globale più che nazionale e richiedono interventi globali. Il contratto sociale che legittima lo stato dinanzi ai cittadini è compromesso in contesti bellici o di particolare fragilità istituzionale. In questa cornice di ampliamento del perimetro di definizione e intervento per promuovere lo sviluppo sociale, economico ed ambientale diventa particolarmente importante includere temi come la libertà dalla violenza, oppressione e ingiustizia. La pace, la sicurezza e il disarmo, lo sviluppo e l’eliminazione della povertà, la protezione dell’ambiente naturale — quale primo bene comune —, i diritti umani, la democrazia e la buona gestione degli affari pubblici si configurano come tessere di un mosaico complesso.
In continuità con quanto sollevato all’interno dell’appello “Per un Nuovo Welfare”, la tavola rotonda prevista per l’8 settembre consolida la richiesta rivolta al Governo Italiano affinché prenda
precisi impegni all’interno di un costituendo Ministero per la Pace:
- una moratoria di un anno sull’acquisto di nuovi armamenti, come promosso dalla Rete per il disarmo, Rete per la pace e Sbilanciamoci. La proposta è di diminuire la spesa militare prevista per il 2021, azzerando completamente per un anno i fondi per nuove armi allocati presso i ministeri della Difesa e dello Sviluppo economico e non dare avvio alla cosiddetta “Legge Terrestre” richiesta dall’Esercito. Complessivamente si tratterebbe di una cifra maggiore di 6 miliardi di euro risparmiati che potrebbero essere immediatamente riconvertiti e investiti per gestire l’emergenza e le fasi post Covid-19, e in particolare: in sanità, educazione, welfare, difesa civile e nonviolenta. Si richiede inoltre il blocco totale di ogni invio o transito di armi verso i Paesi in guerra in conformità alla legge 185/90 e all’appello del segretario generale della Nato sul cessate il fuoco;
- riconversione economica industriale: si tratta di finanziare e rendere operativo il fondo per la riconversione già previsto nella legge 185/90. Monitorare le aree di crisi che espongono al ricatto occupazionale da parte del complesso industriale bellico e investire della finalità di riconversione integrale del territorio coinvolgendo i soggetti istituzionali destinati allo sviluppo economico come, ad esempio, Invitalia. La necessaria ridefinizione della strategia di Leonardo è in grado di liberare risorse effettive per un solido piano industriale. Non si tratta di distruggere posti di lavoro ma di moltiplicarne il numero e la qualità in termini di dignità ed effetti redistributivi sul territorio. L’analisi conseguente all’impegno costante e competente proveniente dagli uffici internazionali dei sindacati dimostra che non sono affatto le armi ad assicurare il lavoro. Anzi, la concentrazione in questo segmento produce effetti recessivi dell’economia nel suo insieme;
- Investire nella Difesa Civile non armata e nonviolenta;
- Necessità di potenziare il Servizio Civile affinché diventi a tutti gli effetti universale, ovvero affinché tutti quelli che lo desiderino (ad oggi circa 100.000 giovani l’anno) possano effettivamente svolgerlo. questo nella fase post Covid-19 sarà fondamentale;
- Va data continuità alla sperimentazione dei Corpi Civili di Pace, istituita con la legge n. 147 del 2013 (Legge di stabilità 2014) che ha previsto l’istituzione in via sperimentale di un contingente di corpi civili di pace destinato alla formazione e alla sperimentazione della presenza di 500 giovani volontari da impegnare in azioni di pace non governative nelle aree di conflitto o a rischio di conflitto o nelle aree di emergenza ambientale.
Programma degli interventi
Presenta – Silvia Jop, direzione artistica Isola Edipo
La pace è una scelta non un destino
Introduce e modera – Angelo Moretti, direzione Rete di Economia civile Sale della Terra
Francesco Moraglia, Patriarca di Venezia
Si vis pacem para bellum?
Angelo Righetti, direzione scientifica ResInt
Servizio civile, vietato dire no – la campagna di VITA e della società civile per rendere il servizio civile davvero universale Stefano Arduini, direzione Vita Non Profit
Un mondo senza guerra. Da utopia a obiettivo da perseguire
Mara Rumiz, responsabile Emergency Venezia
Il ministero della pace una scelta di governo
Giuseppe Piacenza, Associazione Papa Giovanni XXIII
Ahmed Hamadi, rifugiato politico afgano, fondatore del ristorante Orient Experience
Zhara Hamadi, rifugiata politica afgana
Conclude – Sibylle Righetti, direzione Edipo Re